Anna è cresciuta

All’inizio il libro doveva intitolarsi “La vita da uno spioncino” e Anna, la protagonista, doveva semplicemente vivere rinchiusa nel proprio appartamento osservando dipanarsi, intrecciarsi ed evolversi le storie nelle case degli altri: frammenti di dialoghi sul pianerottolo, istantanee rubate scostando un po’ le tende della finestra che dà sul cortile. Raccontare le tante narrazioni ascoltate era un modo per esorcizzare la paura creatasi durante il lockdown del 2020, genesi e occasione di questo romanzo. Il libro poi, in realtà, è rimasto fermo quasi un anno. Sapevo perché volessi scriverlo, non riuscivo ad afferrare bene il cosa, intuivo solo che la malattia dovesse essere una delle protagoniste e la speranza il messaggio da lasciare. Avevo appunti nelle note del cellulare, idee sparse nel pc, ma nessuna trama soddisfacente. In quell’anno di stasi ho visto vivere e affrontare la morte da molti amici accanto a me, ho visto agire il perdono e ho iniziato a pormi in modo diretto alcune domande scomode circa la mia vita. Nuovi pezzi di libro hanno ricominciato ad uscire, la prima stesura, però, è stata tragica: chi l’ha letto l’ha bocciato totalmente. Lo rimaneggiavo, lo miglioravo, ma era come non coglierne il cuore pulsante, il suo senso più profondo. È rimasto fermo altri mesi. Dovevo ancora scoprire come un’intera esistenza possa venire distrutta dal nascondere fatti del passato, dal non affrontare nodi irrisolti o dal non manifestare chi si è veramente. È stato come attraversare una tempesta. A quel punto c’erano volti precisi a ispirarmi, situazioni “attraversate”, immagini, dialoghi. Ha preso nuova forma la trama, Anna è cresciuta. Mi mancava sempre un finale, però. Nel cuore avevo delle parole molto chiare a guidarmi, versetti della Scrittura che sono stati come un faro. Il primo in assoluto è stato anche ricopiato su un A4 che è rimasto appeso sopra al mio letto per tutto il tempo: “Questa malattia non è per la morte ma per la gloria di Dio”. Ne intuivo la potenza e la verità, ma senza afferrarlo. Il guizzo del finale è arrivato dopo che la scrittura si è fermata nuovamente per qualche mese. A quel punto si è trattato di renderlo il più bello possibile fino a che non c’è stato un momento preciso in cui ho sentito che tutto aveva preso il proprio posto: il libro era nato. Fichi di fine estate.