di mons. Lorenzo Piva
Giovedì XVI settimana
San Daniele profeta, VII sec aC Mt 13, 10-17
“…perché a loro parli con parabole?”.
Gesù apre sentieri anziché concludere discorsi; non fornisce soluzioni, ma direzioni di ricerca. La novità di Dio passa anche per il linguaggio.
A lui piace mettere in viaggio l’ascoltatore. Ascoltare le parabole è come ascoltare il mormorio della sorgente del Vangelo, così come esce dalla bocca di Gesù.
Per Gesù parlare in parabole era la norma: con molte parabole annunciava la Parola, senza parabole non parlava loro (Mc 4,33-34).
Insegnava non per astrazioni o concetti, ma per immagini e racconti. Il suo messaggio – il regno di Dio, Dio come padre, abbà – è fatto di metafore.
Ha scelto di farsi narratore di parabole perché il linguaggio più adatto al sacro non è quello filosofico o teologico, ma quello visivo.
È più efficace e coinvolgente, dire che Dio è un oceano di luce e di pace, un padre esperto in abbracci che dire che è essere perfettissimo.
Questa modalità di narrazione è stata consegnata a tutti: non ci sono eletti, privilegiati, gente preparata o meno, non ci sono gerarchie. Tutti eguali.
Beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono… La via delle parabole è l’autostrada della Fede.