di mons. Lorenzo Piva
Mercoledì XVI settimana
San’Elia profeta, X sec. aC – Mt 13, 1-9
“…un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto”.
Gesù osserva il gesto ampio e speranzoso di un seminatore e intuisce qualcosa di Dio, colui che immette germi di vita nel cuore dell’uomo e nel cosmo.
Dio non è il mietitore che fa i conti con le nostre povere messi, ma il seminatore. Egli cioè dà dà avvio alla fioritura del mondo.
Gesù immagina il Regno come un campo appena seminato. Depone il suo grano in ogni fenditura del terreno. E così rende gravido il mondo.
Quel seminatore, poi, che pare sprovveduto perché parte del suo seme cade su sassi e rovi, dice che Dio non alza steccati e non esclude alcuno.
Siamo tutti terra dura, spinosa, ferita, opaca, eppure la nostra umanità imperfetta ha pure zolle di terra buona, adatte a dare vita ai progetti di Dio.
Ci sono nel campo del mondo, come in quello del cuore, forze in contrasto: il bene e il male a confronto. E la parabola non spiega perché questo accada.
E non spiega neppure come togliere sassi, o cacciar via gli uccelli. Racconta solo di un seminatore la cui fiducia è ripagata: il suo grano cresce.
Lo sguardo del Signore non si posa sui miei difetti, ma sulla potenza della sua Parola che rovescia le zolle sassose, e si cura dei germogli. Non chiede di essere dei superman, ma fecondi.