Il viaggio dalla morte alla vita del famoso medico abortista che cambiò opinione. Per la prima volta tradotta in italiano.
Lavoravo a New York quando mi capitò di sentire il nome del Dottor Bernard Nathanson per la prima volta, anni fa.
Ero andata a girare un’intervista ad una coppia di attivisti pro-life che non solo aveva speso la vita a combattere contro l’aborto in USA, aprendo negli anni vari centri di aiuto per madri single e povere, e pagando per le proprie azioni perfino con la prigione, ma che aveva anche accolto, insieme ai loro 4 figli, 3 bimbi con disabilità, sopravvissuti a degli aborti e finiti nello scarto.
Mentre ascoltavo le loro parole, in una casa umile e semplice al Nord di Manhattan, in cui si diffondeva un amore così fisico che iniziai a piangere di commozione, venne nominato Bernard Nathanson.
Quella coppia di sposi erano Chris e Joan Bell. Lei era stata la sua madrina di Battesimo, dopo la conversione di Nathanson alla fede cattolica.
Mi informai meglio e desiderai leggere “The Hand of God”, la sua autobiografia. Cercai il libro online, certa che l’avrei trovato anche in italiano – era un Best Seller in molte lingue – ma con grande sorpresa scoprii che non esisteva una traduzione.
In quel preciso momento – ricordo ancora, era sera, e mi trovavo nello studio dove lavoravo – credo di aver espresso un desiderio, nel mio cuore. Ma così remoto e timido che solo Dio avrebbe potuto ascoltarlo. Desiderai di vedere il libro tradotto in italiano, la grande storia di quest’uomo resa disponibile nella mia lingua. Il libro l’ordinai comunque, in lingua originale, e cominciai a leggerlo con grandissimo fervore. Poco dopo tornai a casa, in Italia.
Non dimenticherò mai quel pomeriggio di novembre, seduta sul divano con mia madre, con il libro in mano. Non le dissi niente. Per qualche motivo – anche se col senno di poi sembra improbabile che non ci avessi pensato – non avevo considerato il fatto che lei fosse in realtà una traduttrice della lingua inglese.
Mi chiese cosa leggessi: “È un libro bellissimo”, le dissi, sintetizzandole il tema. “Peccato che non esista la traduzione in italiano”. Ci fu un lungo secondo di silenzio.
Fu come se lo Spirito di Dio si posasse su di noi, in quella stanza, nel nostro cuore, in quel momento. All’improvviso tutto fu chiaro.
“Perché non lo traduci tu?” le chiesi in maniera così diretta come poche volte sono.
“Sarebbe perfetto”, le dico, “tu saresti perfetta mamma, e faresti un grande servizio al lettore italiano”.
E mentre le dico questo, penso a mia madre, alle sue lotte PER l’aborto nelle fila del movimento femminista degli anni ’70, alle nostre discussioni su questo tema durante la mia adolescenza, a come esso sia stato motivo di grandi scontri nelle nostre vite e di grandi distanze. Lei mi aveva raccontato le sue ragioni, la volontà di fare del bene, in fondo. E io le avevo comprese, contestualizzandole nella sua storia e nella sua esperienza di vita, ma sempre convinta della chiamata che ho sentito dentro a difendere la vita e i più indifesi prima di ogni altro. Negli anni, e soprattutto osservando gli abomini che la legge sull’aborto aveva prodotto, so che lei per prima, in cuor suo, abbia rivisto, almeno in parte, la sua posizione.
E penso a come Dio, da allora, abbia lavorato sul nostro rapporto. Di come abbia curato le ferite della nostra storia, riconciliandoci, restituendoci reciprocamente una madre e una figlia. E forse anche per arrivare fin qui, fino a questo momento.
Ci pensa un attimo, poi dice: “Perché no, lo leggo”.
Mi sorprende, non avrei immaginato che potesse accettare. Ancora in parte incredula, intanto mi metto a lavoro, provo a trovare una Casa Editrice che voglia pubblicarlo.
I primi tentativi non vanno a buon fine, poi un giorno ricevo una telefonata: “Sì, siamo interessati”. A questo punto stava a me trovare la moglie di Nathanson, detentrice dei diritti. Trascorrono i mesi prima che riesca a trovarla.
Un giorno poi, a New York, la chiamo, e senza conoscerci parliamo per telefono per quasi un’ora. Poi di nuovo scompare. Niente succede. Trascorrono altri mesi. Dentro di me però c’è la serenità profonda di sapere che tutto questo accade per volontà di Dio, e che se Lui vorrà, lo porterà a compimento. E così è stato. L’anno scorso, un giorno di ottobre, lei mi scrive, insieme all’Editore americano.
In pochi giorni tutto si concretizza, firmiamo il contratto. Sta succedendo veramente. Dopo anni. Con i Tuoi tempi, e i Tuoi modi, penso fra me e me, rivolgendomi a Dio. E gli dico “Signore, tu sei davvero un folle, il più folle di tutti”.
La traduzione è poi diventata una cosa di famiglia. Abbiamo coinvolto mio fratello, e mi piace pensare che un po’ sia anche opera mia.
Così come il libro, anche questa traduzione è frutto della mano di Dio e Gli voglio rendere grazie e testimonianza, perché non c’è storia, scelta o rapporto in cui Lui non possa intervenire.
Lui, che solo sa fare nuove tutte le cose.
Articolo di Anna Raisa Favale